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Immagine del redattoreFrancesco Zingoni

Russia, inflazione e tassi di interesse: non navighiamo a vista


L'articolo è così strutturato:

  • Al punto 1, troverete gli elementi di base da considerare per le scelte legate ai propri investimenti (per chi è interessato solo alle informazioni essenziali).

Per chi volesse affrontare il tema in maniera più approfondita la parte successiva può offrire molti spunti di riflessione in particolare:

  • al punto 2, viene approfondito il quadro geopolitico;

  • al punto 3, vengono considerati i possibili impatti sull'economia e sui mercati finanziari di quanto sta succedendo.


1. IN BREVE


  1. Negli ultimi 80 anni solo in 3 casi a 12 mesi di distanza da una guerra il mercato (S&P500) era ancora in territorio negativo (salvo poi comunque recuperare nei mesi successivi);

  2. in media, negli ultimi 80 anni, a un anno di distanza da un evento militare il mercato (S&P500) ha restituito una performance del +8,6%;

  3. la probabilità che il mercato (S&P500) restituisca un risultato positivo a 12 mesi da un evento militare è del 75%.

PERTANTO

  1. I ribassi sono, storicamente, occasioni per incrementare le proprie posizioni;

  2. se l'orizzonte temporale è di medio lungo periodo cosa succede "oggi" influisce in maniera molto ridotta. Ad ogni modo anche se l'orizzonte temporale fosse stato di brevissimo periodo il giorno stesso dell'invasione Russa (ed anche il giorno successivo) tutti i mercati americani hanno registrato una performance ampiamente positiva: il peso della Russia nei mercati mondiali è pari allo 0,38%, quello dell'America è del 61,5% (per curiosità, l'Italia pesa lo 0,67%);

  3. la politica da seguire, indicata da Warren Buffet, il più grande investitore di sempre, resta la stessa: "ti dirò come diventare ricco: sii timoroso quando tutti sono avidi, sii avido quando tutti sono timorosi"

Come il passato ci insegna, queste fasi richiedono nervi saldi e aderenza alla propria pianificazione finanziaria.

L’esperienza vissuta con lo scoppio della pandemia di COVID-19, con tutte le differenze del caso, è emblematica da questo punto di vista: alla rapida brusca correzione di mercato ha fatto seguito un poderoso rimbalzo, premiando gli investitori che non si sono fatti spaventare dalla volatilità di breve termine.

Peraltro, osservando l’andamento dei listini globali in concomitanza con gli ultimi episodi recenti assimilabili alla guerra in Ucraina (l’invasione del Kuwait nel 1991 e il conflitto in Iraq del 2003), dopo la prima fase di vendite generalizzate i mercati tendono a rimbalzare con decisione, anche se la tensione geopolitica non si è ancora attenuata. Monitorando sempre da vicino l’evoluzione della situazione in Ucraina, quindi, si potrebbero presentare presto le condizioni giuste anche per incrementare le proprie posizioni. Ancora una volta, metodo, disciplina e prontezza di reazione risulteranno cruciali sui mercati finanziari.


2. QUADRO GEOPOLITICO


Sin dall’indipendenza dall’Unione Sovietica, l’Ucraina ha avuto con la Russia rapporti altalenanti, con fasi di vicinanza sotto i leader filorussi Yanukovych e Tymoshenko per arrivare all’aperta ostilità dalla rivoluzione Euromaidan del 2014, culminata con la deposizione di Yanukovych votata in parlamento e non riconosciuta dalla Russia.

Per contrastare il nuovo indirizzo pro Europeista del presidente Poroshenko, nel 2014 la Russia ha annesso i territori della Crimea perlopiù abitati da etnie russe e ha sostenuto economicamente i rappresentanti delle forze separatiste della regione del Donbass. L’Occidente ha condannato l’occupazione della Crimea con sanzioni che ancora oggi sono in vigore e che hanno isolato la Russia.

Le elezioni del 2019 hanno sancito una accelerazione con l’agenda Zelenskyi marcatamente europeista; l’Ucraina si è assicurata finanziamenti dal Fondo Monetario Internazionale introducendo riforme anticorruzione e arginando le pretese dell’oligarca locale Koloimoskyi di riappropriazione di Privatbank, una istituzione salvata dallo Stato dopo l’appropriazione indebita dei fondi da parte dell’azionista di riferimento.

Dal 2014 il conflitto interno nel Donbass è proseguito ininterrotto, ma si è riacceso nel novembre 2021 quando l’esercito ucraino ha ottenuto vittorie nel controllo dei territori con l’ausilio di droni ed armamenti più sofisticati.

Da allora la Russia ha posizionato truppe ai confini nord dell’Ucraina coinvolgendo l’esercito del paese partner Bielorussia e facendo scattare negoziazioni diplomatiche; gli accordi di Minsk prevedono il riconoscimento di una certa autonomia per gli stati separatisti e gli Stati Uniti ed Europa hanno cercato di evitare l’intervento armato, facilitando un compromesso per l’Ucraina e ispirando un nuovo equilibrio neutrale simile a quello giocato dalla Finlandia.

Le richieste russe (che includono la rinuncia da parte dell’Ucraina della richiesta di ammissione della NATO) non sono state soddisfatte e la Duma ha votato la richiesta a Putin di riconoscere gli stati indipendenti del Donetsk e Luhansk autorizzando l’intervento di “forze di pace”, di fatto abbandonando la coerenza con gli accordi di Minsk.

L’Occidente ha risposto al riconoscimento di questi territori: gli Stati Uniti hanno sanzionato alcuni individui e allargando il perimetro dei bond russi non detenibili. L’Europa ha accompagnato le sanzioni con la decisione tedesca di sospendere il gasdotto Nord Stream2.

Il gasdotto (che si estende per 1,230 km tra la Russia e il Nord della Germania, con una capacità di 55 bcm) è interamente posseduto da Gazprom, è costato €9.5 miliardi ed è in attesa di autorizzazione da parte della Germania. Metà dei costi di costruzione sono stati finanziati da 5 società occidentali (Shell, OMV, Uniper, Engie e Wintershall DEA) che potrebbero dover mettere a bilancio potenziali svalutazioni per circa € 950mln ciascuna. Le implicazioni sul mercato del gas europeo sono molto più importanti poiché la produzione europea sta calando marcatamente, specialmente nel bacino olandese del mare del Nord. Senza il gas di Nord Stream 2, i trasporti via mare con le imbarcazioni di gas naturale liquefatto (LNG) dovrebbero sostituire Nord Stream, ma nel frattempo l’Asia si sta assicurando l’infrastruttura per il trasporto di LNG in una competizione serrata, con acquirenti asiatici abituati a contratti di fornitura ultradecennali che facilitano il finanziamento delle navi.

Il 24 febbraio Putin ha ordinato un attacco su più fronti, colpendo infrastrutture militari e obiettivi strategici per il commercio e gli aeroporti, giustificando l’azione militare con la necessità di “demilitarizzare” l’Ucraina; il governo Zelenskyi ha dichiarato la legge marziale ed ha incoraggiato l’esercito e la popolazione a reagire. La conquista ed il controllo di Kyiv, città di 2.8 milioni di persone, rimane un obiettivo non scontato, vista la forte opposizione dei cittadini. La determinazione di Putin a procedere all’invasione a dispetto delle sanzioni proietta l’immagine di una Russa pronta a isolarsi dal mondo occidentale. La Russia da anni amministra un “double surplus” avendo sia la bilancia commerciale che il bilancio fiscale in attivo e non ha necessità di flussi finanziari dall’esterno per la propria economia; tuttavia la principale risorsa sono le esportazioni energetiche e l’economia è in stagnazione. L’Europa subirà realisticamente delle ricadute negative dovute sia alla forte dipendenza energetica (le importazioni ammontano al 90% della domanda europea) sia per il verosimile esodo di rifugiati.


3. IMPATTI ECONOMICO-FINANZIARI


Come detto la crisi fra Russia e Ucraina affonda le sue radici in quelle che sono le relazioni fra Russia, i Paesi Occidentali e la NATO.

Ma quali potrebbero essere le implicazioni di queste tensioni sul contesto di espansione dell'economia per l'anno in corso, sulle pressioni inflazionistiche, sulle politiche monetarie delle Banche Centrali e sui mercati stessi?

Iniziamo quindi a valutare quale sia il ruolo della Russia nel contesto globale, soprattutto come produttore e fornitore di alcune materie prime fondamentali.

Guardando al grafico riportato sopra vediamo come la Russia sia uno dei principali produttori di petrolio e di gas naturale e questo ha già indotto una prima reazione al rialzo dei prezzi delle materie prime che già vivevano una fase di crescita a causa dell'effetto scarsità dovuto alla pandemia da Covid19 e dalle conseguenti distorsioni della catena globale di approvvigionamento.

La Russia è sempre stato affidabile esportatore di petrolio; nell’esportazione di gas naturale ha invece sempre calibrato le esportazioni esercitando la propria influenza politica e le forniture sono più incerte per il passaggio dei gasdotti da altre nazioni (tra cui l’Ucraina). Se il petrolio è la commodity più importante per i trasporti, il gas è fondamentale per l’industria manifatturiera. Gli incrementi nei prezzi del gas hanno un effetto negativo sulla crescita sia attraverso l’impatto sui consumi (per la riduzione del reddito disponibile) sia attraverso l’aumento dei costi dei beni intermedi.

La Russia è anche un fornitore di molte altre materie prime (metalli industriali, prodotti alimentari e fertilizzanti) pertanto la crisi potrebbe riguardare anche altri settori (non solo quello energetico esaminato precedentemente).

Questo potrebbe ulteriormente impattare negativamente la congestione della catena globale di approvvigionamento con conseguente crescita del prezzo delle materie prime.

Guardando al grafico a barre possiamo vedere la composizione dell'indice dell'inflazione americana. Questa scomposizione ci permette di osservare come, oltre ai beni che sono stati al centro dell'aumento dell'inflazione, l'energia abbia un ruolo molto importante: pertanto l'inflazione potrebbe permanere in territorio elevato per un periodo di tempo più lungo del previsto anche a causa delle pressioni energetiche.

Ed in effetti la reazione al rialzo si è già generata non solo nell'energia ma anche nei prodotti alimentari che vedono la Russia come uno degli importanti fornitori. Il tema dell'inflazione resterà quindi centrale nel contesto attuale.

La riflessione successiva riguarda quindi naturalmente quali potrebbero essere quindi le reazione delle banche centrali in tema di politiche monetarie.

Questo dipenderà dagli effetti sull'economia delle scelte già prese e dal rallentamento della crescita economica causata dalle tensioni fra Russia e Occidente. Se le sanzioni genereranno degli effetti negativi sul contesto dell'occupazione questo potrebbe far sì che le Banche Centrali diventino meno restrittive rispetto a quello che avevano invece messo in luce negli ultimi incontri relativi alla politica monetaria. La Banca Centrale americana, ad esempio, che avrebbe dovuto alzare 6/7 volte i tassi potrebbe ora avere un approccio più graduale considerato che la risalita dell'inflazione è causata non dalla domanda (quindi da una positiva crescita economica) ma da tensioni geopolitiche.

Quali, invece, le reazioni dei mercati?

I mercati in parte avevano già scontato i possibili effetti dell'invasione nei giorni precedenti. Tuttavia, la storia ci insegna che in occasioni di precedenti crisi geopolitiche possiamo aspettarci dei momenti di volatilità e correzione (come quelli che stiamo vivendo) ma di solito di breve durata e che tendono a riassorbirsi con il superamento della crisi. Ci si può aspettare quindi un periodo di risk-off (cioè di calo della propensione al rischio degli investitori sui mercati): la reazione finale dei mercati dipenderà dalla catena di reazioni sopra descritta che passa dal tema sanzioni, dal contesto economico, dall'inflazione e dalle politiche delle Banche Centrali.

Come possono fare gli investitori a proteggersi da questa fase di volatilità?

Aggiungendo ulteriori componenti di diversificazione nei propri portafogli, implementando classi di attivo che possono stabilizzare i portafogli e che sono soprattutto percepite come "porti sicuri" in questi momenti di tensione. Aggiunte satelliti e marginali possono riguardare ad esempio oro, materie prime e il dollaro (sostenuto anche dalle politiche americane restrittive). Tuttavia, la scelta col miglior profilo di rischio / rendimento potrebbe essere ancora una volta aumentare la propria esposizione all'economia reale: ne abbiamo parlato qui e qui.

Quali le conclusioni?

Risulta ancora difficile prevedere del tutto i rischi di escalation (in termini geopolitici ed economici per via delle sanzioni). L'Europa sicuramente si trova in una posizione di debolezza perchè dipende dalla Russia per l'approvvigionamento di materie prime, gas naturale e petrolio. Il contesto probabilmente determinerà un'ulteriore pressione al rialzo sui prezzi (energetici e non solo) con un'inflazione che potrebbe permanere più alta per più tempo. Questo potrebbe determinare un ritardo anche nell'applicazione delle misure più restrittive delle Banche Centrali, anche se una decisione in tal senso sarà presa in base agli impatti sull'economia e sul mercato del lavoro. Infine, ci aspettiamo ancora volatilità legata all'attuale contesto di incertezza con possibili correzioni ma con effetti di breve periodo, come confermato da precedenti esperienze, che si risolvono tornando a valutare le aziende per i propri fondamentali e non per i rischi geopolitici: nel breve periodo è possibile proteggere i portafogli inserendo ulteriori elementi di diversificazione con oro, materie prime, dollaro ed economia reale.

Per i catastrofisti ci sarà sempre un motivo per vendere: ma storicamente come sarebbe andata?


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